Smartphone in aula, prof divisi. E le scuole ripensano le lezioni.

Dopo l’annuncio della ministra Fedeli si riaccende il dibattito sull’uso in classe Ma intanto gli istituti si attrezzano. Lo psicologo: “Servono regole precise”

di CRISTINA NADOTTI

Repubblica.it
ROMA – È come se un vento di maestrale avesse soffiato su braci mai spente. L’annuncio della ministra Fedeli sull’istituzione di una commissione ministeriale “per costruire le linee guida dell’utilizzo dello smartphone in aula” ha riacceso il dibattito tra gli insegnanti, costringendo le scuole a ripensare anche i loro regolamenti.
Fino a oggi, infatti, i singoli istituti, ma spesso anche i singoli insegnanti, hanno deciso in che modo regolamentare l’uso degli smartphone, spesso con provvedimenti draconiani e qualche incongruenza. Al liceo King di Genova, per esempio, lo scorso anno chi veniva scoperto a usare il cellulare durante le ore di lezione veniva punito con un giorno di lavori socialmente utili da svolgere in istituto e ci sono stati 15 casi di studenti sanzionati. Al liceo linguistico internazionale di Sassari l’uso è vietato, tranne che agli studenti con bisogni educativi speciali, ai quali è consentito esplicitamente per uso didattico.
In molte scuole, nonostante il divieto generale, gli insegnanti ammettono di averli comunque usati in classe perché, dopo aver fatto corsi di aggiornamento sull’uso della lavagna interattiva multimediale, hanno elaborato progetti di unità didattiche in cui c’era una fase di ricerca web in classe. Nelle aule, però, non sempre c’è un computer per ogni ragazzo e quindi gli smartphone hanno di fatto colmato una lacuna della scuola.
Le secondarie di primo grado sono le più severe nel bandire gli smartphone, come si legge per esempio nel regolamento della media ad indirizzo musicale F. Solimena di Napoli, dove “è fatto assoluto divieto dell’uso del cellulare in classe”, con un tono perentorio che fa inorridire lo psicologo. “Inaudito – dice Gregorio Salis, psicologo del settore prevenzione Serd di Sassari, che lavora da tempo anche nei centri di informazione e consulenza nelle scuole – e del tutto inutile. Meglio sarebbe fare un “contratto d’aula” per stabilire quali sono i modi d’uso. Se ci si relaziona in modo onesto con i ragazzi loro rispettano le regole, ma bisogna avere fiducia nel contributo che possono dare”.
Per molti docenti il problema principale dell’uso degli smartphone è il loro uso improprio, la possibilità che vengano fatti video o registrazioni in modo illecito, come ha sottolineato il garante della privacy. “Capisco il rischio – dice Beatrice Gulinati, docente di scienze al liceo scientifico – ma dal punto di vista didattico trovo utile fotografare con il cellulare una formula sulla lavagna”.
Tutti, comunque, sia nel vietarli, sia nel consentirli, sottolineano il rischio che gli smartphone siano motivo costante di distrazione. C’è poi il proposito di fare della scuola una sorta di zona franca capace di prevenire l’uso smodato della connessione perenne, fonte di dipendenze.
“Un’indagine Coni ed Eurispes ha mostrato che alla domanda “quale dipendenza ti fa più paura?” il 73 per cento dei ragazzi ha indicato proprio la dipendenza tecnologica – dice lo psicologo – dimostrando una volta di più che sono molto più avanti della maggior parte dei loro insegnanti. Il vero problema è che sono lasciati soli a vivere il rapporto con la tecnologia. Gli smartphone sarebbero invece uno strumento educativo prezioso, attraverso cui la scuola potrebbe rimodulare la sua relazione con i giovani”.